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Procedimenti amministrativi di sistemazione e verifica dei demani civici

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Procedimenti amministrativi di sistemazione e verifica

            1. – Operazioni di sistemazione e recupero delle terre collettive – La sistemazione definitiva delle terre c.d. di uso civico o terre collettive ha luogo attraverso un procedimento che si articola in tre fasi: conoscitiva (verifica), sistemazione e recupero delle terre, assegnazione a categoria e gestione.

            1.1. – Verifica del demanio civico. Procedimento – All’accertamento dei beni collettivi si procede a mezzo istruttorie storiche e verifiche che hanno per oggetto la ricerca dell’antica consistenza dei beni. Le operazioni, che nel sistema della legge del 1927 erano disposte dal Commissario per gli usi civici, sono ora di attribuzione degli uffici regionali e sono descritte agli artt. 29 e 30 r.d. n. 332 del 1928. Completata la istruttoria storica, Il perito demaniale procede alla ricognizione dei fondi ed alla individuazione dei confini, in base ai documenti originali, catasti antichi e recenti, servendosi se necessario di indicatori locali. Il perito forma quindi il ruolo dei possessori privati distinguendo le occupazioni arbitrarie dai possessi legittimi; per le occupazioni arbitrarie accerta innanzitutto se sussistono i requisiti di legge per la legittimazione (migliorie, possesso decennale, non interruzione del demanio (artt. 9 e 10 1.), e in caso affermativo determina il canone; in difetto propone la reintegra delle terre occupate al comune o associazione agraria ed accerta la misura dei frutti indebitamente percetti dall’occupatore e da restituire al comune od ente gestore (art. 29 r.d. n. 332).

            1.2. Deposito di atti istruttori e mezzi di opposizione – L’ufficio amministrativo regionale esaminata la relazione del perito verificatore e previe le rettifiche del caso, ne ordina il deposito presso la segreteria dell’ente gestore e la notifica individuale ai possessori proposti per la reintegra o la legittimazione. Nel termine di trenta giorni, rispettivamente dal deposito o dalla notifica della relazione di verifica, possono essere proposte opposizioni, domande di bonario rilascio o istanze di legittimazione (artt. 29 e 30 r.d. n. 332). Se l’opposizione investe diritti subiettivi — esistenza, natura ed estensione dei diritti, qualità del suolo (demanialità civica) o appartenenza a titolo particolare dei beni delle associazioni —, essa va decisa dal Commissario in sede giudiziaria (art. 29. 2° co.. legge): invece l’opposizione che riguarda interessi legittimi, ad esempio  possibilità o meno di legittimare un fondo, misura dei canoni, ordine di reintegra, etc., è risolta con provvedimento amministrativo, ricorribile al TAR (Cass., S.U.. 24 febbraio 1938, n. 602. in Dir. beni pubbl. 1938, 219, e in Foro amm., 1938, 68; Cass., S.U., 9 gennaio 1973, n. 5, in Foro it., 1973, I, 1450; Cass., 14 marzo 1990, n. 2078, in Giur. it., 1991, I, 1, 1486; Cass., 7 febbraio 1991, n. 1275).

            Dopo l’accertamento amministrativo, costituente decisione amministrativa su diritti, nell’opposizione a verifica l’onere di dimostrare la qualità privata del fondo spetta all’opponente che deve provare con titoli il suo diritto e non può avvalersi della presunzione di legittimità del possesso attuale (possideo quia possideo) (Cass., S.U., 26 giugno 1962, n. 1656. in Foro it., 1962, I, 1674). Questa è l’opinione dominante, essendo rimasta isolata la tesi sostenuta da Cass., sez. Il, 12 luglio 1972, n. 2347, che ha ritenuto poter estendere all’opposizione a verifica lo stesso onere probatorio incombente all’opposto nei procedimenti di opposizione a decreto ingiuntivo. La giurisprudenza dei commissari tende infatti a seguire la prima soluzione data l’ampiezza e complessità degli accertamenti amministrativi condotti attraverso le indagini di cui all’art. 29 r.d. n. 332 del 1928 che verrebbero vanificate ove su di esse incombesse al soggetto opposto (e rivendicante in senso sostanziale) anche l’onere della prova.

            2. – Sistemazione e recupero delle terre collettive – In questa fase possono inserirsi dei subprocedimenti diretti alla sistemazione delle terre (legittimazione delle occupazioni arbitrarie, regolarizzazione delle antiche utenze miglioratarie, scioglimento di promiscuità, ecc.), ovvero al recupero alla collettività delle terre utilizzabili per i fini di legge (reintegra).

                2.1. – Legittimazione delle terre occupate sine titulo con canone enfiteutico affrancabile – È sorto come istituto di carattere eccezionale limitato alle più modeste occupazioni di terre non raggruppabili in unità agrarie e non utilizzabili ai fini di legge perché già trasformate con opere stabili di miglioramento e sviluppo agricolo. L’istituto è stato esteso nella prassi anche alle trasforma-zioni non agricole (contra, Cons. St., sez. VI, 21 febbraio 1983, n. 93, in Foro amm., 1983, I, 1667, e in Giust. civ., 1983, I, 2194).

            Il provvedimento, discrezionale, deve essere motivato essenzialmente sulla convenienza e soprattutto opportunità di sottrarre i beni alle popolazioni quando le esigenze di sviluppo produttivo prevalgono sui bisogni della collettività (Cons. St., sez. VI, 21 febbraio 1983, n. 93, cit.). La legittimazione è concessa su proposta e di intesa con la regione con atto che è soggetto all’approvazione del Capo dello Stato (art. 66, 7° co., d.P.R. n. 616 del 1977). In giurisprudenza sì è ritenuto che il decreto del Capo dello Stato non sia un mero atto di controllo o condizione di efficacia ma abbia natura costitutiva, importando privatizzazione del demanio (Cons. St., sez. Il, 11 febbraio 1981, n. 1277/79, in Cons. St., 1982, I, 1493).

            Nel provvedimento di legittimazione è stabilito un canone di natura enfiteutica il cui capitale corrisponde al valore del fondo diminuito delle migliorie ed aumentato degli interessi: il canone può essere ridotto a favore degli occupatori che avrebbero titolo alla quotizzazione (art. 10 1. n. 1766/1927); ne è prevista l’affrancazione contestuale alla legittimazione o alla conciliazione (artt. 24 legge e 33 r.d. n. 332). Se non è contestuale, l’affrancazione può aver luogo con delibera comunale. Anche se non si tratta di vere e proprie enfi-teusi, il richiamo legislativo alla natura enfiteutica consente di estendere a questi canoni, come a quelli di liquidazione degli usi ex art. 7, 1° co., 1. cit., la disciplina dei canoni enfiteutici e in particolare la possibilità di rivalutazione (cfr. 1. 18 dicembre 1970, n. 1138: nuove norme in materia di enfiteusi). In passato, tuttavia contra giurisprudenza (cfr. Cons. St., sez. Il, 13 maggio 1953, n. 364, in Cons. St., 1954. i. 88, e App., sez. usi civici, 2 dicembre 1950, in Giur. compi. cass. civ., 1951, I quadr., 801, con nota di F. Jannitti Piromallo).

            2.2. – Trasformazione in enfiteusi perpetua delle concessioni di terra ad utenza con obbligo di migliorie – Il regolamento del 1928 comprende fra le legittimazioni anche la trasformazione in enfiteusi perpetua delle concessioni di terra a miglioria sia anteriori al r.d.l. 22 maggio 1924, n. 751, e fatte in conformità a statuti, regolamenti o deliberazioni regolarmente approvate (art. 26 reg. cit.) — che posteriori al 1924 anche se in base a statuti e regolamenti non più applicabili (art. 28 r.d. n. 332 cit.) — sempre che siano accertate le migliorie e purché i concessionari siano tra i coltivatori diretti che avrebbero titolo alla quotizzazione. Anche questi provvedimenti sono soggetti all’approvazione del Capo dello Stato (art. 27 r.d. n. 332 cit.).

            3. Reintegra – Le terre civiche occupate — quando non sussistono i requisiti per la legittimazione — e le antiche concessioni ad utenza, ove non siano adempiuti gli obblighi della concessione, devono essere reintegrate al comune o frazione od associazione agraria e quindi restituite all’ente gestore. La reintegra può essere disposta «a qualunque epoca l’occupazione rimonti» con provvedimento amministrativo di competenza regionale (prima del d.P.R. n. 616/1977 era atto commissariale) (art. 9 1. n. 1766/1927, artt. 25, 28 r.d. n. 332, cit.). Per il procedimento v. supra, par. 1.2

            Con l’espressione «reintegra» in materia di usi civici si indicavano in passato anche i giudizi rivendicatori in quanto si riteneva che in essi l’antico possesso civico valesse titolo di demanialità (cfr. supra, 2.6.2., e CERVATI, G., In margine alle ordinanze di reintegra dei commissari per gli usi civici, in Giur. compi, cass. civ., 1955, IV-V bim., 354). Nell’attuale ordinamento con il termine «reintegra» si intendono i provvedimenti amministrativi di rilascio emessi quando non vi è contestazione sull’appartenenza. Le ordinanze di reintegra sono atti amministrativi ma di norma non sono ricorribili al giudice amministrativo se impugnati per motivi attinenti a diritti subiettivi (normale presupposto dell’atto). Ampia esposizione del conflitto fra commissario e giudice amministrativo in Cass., S.U. 9 gennaio 1973, n. 5, in Foro it., 1973, I, 1450 ss., e S.U., 23 aprile 1987, n. 3965.

            4. – Scioglimento di promiscuità – Accanto ai beni civici di appartenenza di popolazioni singole, esistono terre che sono state (o eventualmente sono) nel godimento di più popolazioni appartenenti a due o più comuni o a più frazioni dello stesso comune.

                Le promiscuità possono essere generali o particolari, per condominio o per servitù; l’art. 8 della 1. n. 1766/1927 ne regola lo scioglimento escludendo il compenso per quelle generali per servitù reciproche o per quelle particolari ove non vi siano demani (art. 8, 1° co., 1. cit.) (Cass., 17 ago-sto 1951, n. 2533, in Giur. compi. cass. civ., 1951, Il quadr., 1528; Cass., 21 agosto 1954, n. 3006, in Foro it. Mass., 1954, 600).

            Per le comunioni generali per condominio e le particolari sia per condominio che per servitù, il compenso è stabilito in una quota delle terre in piena proprietà corrispondente in valore all’entità ed estensione dei reciproci diritti, tenendosi conto — come criteri sussidiari — dell’entità degli usi e dei bisogni delle popolazioni (Cass., 8 aprile 1952, n. 943, in Giur. compi. cass. civ., 1952. I quadr., 676; Cass., 18 febbraio 1960. n. 278. in Giust.civ. 1960. I, 1228). La Regione ha facoltà di conservare le promiscuità esistenti quando la gestione collettiva corrisponde ai bisogni dell’economia locale (art. 8, ult. Comma legge 1927).

            5.– Provvedimenti possessori – In pendenza dei giudizi e delle operazioni di sistemazione delle terre, l’ufficio regionale può regolare in via provvisoria «secondo il suo prudente apprezzamento» il possesso degli usi (art. 30 1. n. 1766/1927). Si tratta di provvedimenti di natura discrezionale e quindi di competenza regionale anche se per lungo tempo furono assimilati ai giudizi possessori ed attribuiti alla competenza giurisdizionale dei commissari per gli usi civici (Cass., 16 novembre 1966, n. 2767, in Giur. agr. it., 1967, 432; Cass., 10 ottobre 1966, n. 2425, in Foro it., 1966, I, 2018). Nel caso di spoglio violento o clandestino del possesso è data azione di spoglio e il Commissario può ordinarne la reintegra (processo)

            6. – Assegnazione a categoria dei patrimoni civici delle comunità di abitanti e gestione – Terminate le operazioni di verifica dei beni delle popolazioni ed esaurita l’eventuale fase contenziosa, l’ufficio regionale provvede ad assegnare a categoria i beni oggetto della verifica e che siano nella disponibilità degli enti gestori o proprie-tari, sulla base degli accertamenti e proposte del perito. I beni pascolivi e boschivi sono assegnati a cat. A, le terre atte a coltura agraria a cat. B (art. 11 1. n. 1766/1927).

            L’assegnazione è disposta con provvedimento amministrativo che deve contemperare «i bisogni della popolazione con quelli della conservazione del patrimonio boschivo e pascolivo nazionale, in base ad un piano di massima compilato da un delegato tecnico» di nomina regionale (artt. 14 legge cit. e art. 35 r.d. n. 332) (v. suora, par. 2 regime giuridico). Regime giuridico e destinazione dei beni sono diversi per le due categorie.

            6.1. – Cat. A: boschi e pascoli permanenti – Per i beni dì cat. A è confermato il più rigoroso regime di indisponibilità e divieto di circolazione: la gestione ha luogo in base a piani economici e regolamenti degli usi formati ed approvati a norma della legge forestale 30 dicembre 1923, n. 3267, che prescrive norme tecniche e prevede vere e proprie gestioni imprenditoriali (art. 12, 1° co., 1. n. 1766/1927; tit. IV, capo 2°, artt. 130-168 r.d.l. n. 3267/1923).

            6.2. Esercizio degli usi civici – Gli usi sono conservati ed esercitati in conformità dei piani economici dei patrimoni forestali e montani e dei regolamenti approvati e prescritti dalle Camere di Commercio, Industria e Agricoltura (artt. 130 e 135 1. forest.). L’esercizio degli usi non può comunque eccedere i limiti stabiliti dall’art. 1021 c.c. che li rapporta alle condizioni socio-economiche degli utenti e deve essere in ogni caso regolamentato evitando l’eccessivo sfruttamento dei pascoli e dei boschi (artt. 42-46 reg. esec. approvato con r.d. n. 332/1928). Sono anche previsti a favore degli utenti particolari obblighi e vantaggi, rispettivamente nei casi di gestioni deficitarie e di vendita di legna ed erbe esuberanti (il c.d. oltreuso, art. 46 r.d. n. 332, cit.).

            6.3. – Cat. B: terreni utilizzabili per coltura agraria — quotizzazione e concessione delle quote in enfiteusi affrancabile: I beni di cat. B sono invece destinati ad essere ripartiti in quote, secondo un piano tecnico di sistemazione fondiaria e di avviamento colturale, tra le famiglie dei coltivatori diretti del comune o della frazione con prefe-renza per i meno abbienti e più affidabili, il che ne importa di fatto la privatizzazione (artt. 13-24 1. n. 1766/1927 e artt. 34-41 r.d. n. 332).

I piani di quotizzazione, redatti da istruttori e periti demaniali, sono omologati dall’ufficio regionale ed approvati con provvedimento regionale.

Prima della quotizzazione, i terreni di maggiore estensione possono essere sottoposti ad opere di sistemazione e trasformazione per la razionale costituzione di unità fondiarie a mezzo delegati tecnici od affidamento all’Opera nazionale dei combattenti o altro ente idoneo (artt. 15 ss. legge). Le quote sono concesse a titolo di enfiteusi con l’obbligo delle migliorie e alle altre condizioni stabilite nel piano ad un canone annuo da cui è possibile l’affrancazione con un procedimento di competenza dell’Ufficio amministrativo regionale (artt. 19 e 21 legge). I canoni sono soggetti a rivalutazione. Il capitale di affrancazione è investito in titoli del debito pubblico intestati all’ente e vincolati a favore della Regione (artt. 19, 20, 21, 24 legge).

            Prima dell’affrancazione è fatto divieto di dividere, alienare o cedere le quote a qualsiasi titolo (art. 21 legge) a pena di decadenza della concessione e devoluzione della quota al comune o all’ente (art. 19 legge). Le unità fondiarie abbandonate o devolute sono rimesse in massa e riassegnate con il medesimo procedimento (artt. 19-21 1. cit. e 28 r.d. n. 332). Quando le quote sono in misura insufficiente rispetto al numero degli aventi diritto si procede all’assegnazione mediante sorteggio (art. 22 legge) a meno che il comune non si avvalga della facoltà di aumentare la massa di terra da ripartire con acquisti a credito agevolato (art. 22 legge). E’ anche data la possibilità di costituire consorzi volontari o coattivi fra gli assegnatari per la migliore utilizzazione delle terre e l’esecuzione di opere e servizi di interesse comune (art. 23 1. cit.).

                Bisogna riconoscere che tutta la parte della legge diretta alla sistemazione fondiaria e alle trasformazioni e migliorie delle terre seminative ha avuto scarsa applicazione, né si è esercitato un controllo effettivo sulle quote concesse: ciò ha portato, nella legislazione regionale, ad escludere l’obbligo di quotizzare le terre seminative e a privilegiare le gestioni partecipative a carattere associativo (Campania, 1. reg. 17 marzo 1981, n. 11; Umbria, 1. reg. 17 gennaio 1984, n. 1)

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